Defollowami pure

“C’è qualcosa che non va in quello che scrivo? Defollowami pure.” Ecco, partendo da questa battuta non troppo rara su Twitter vorrei aggiungere un piccolo tassello alla riflessione che molti utenti stanno facendo dentro e intorno alla piattaforma dell’uccellino azzurro.

Un argomento forte di chi sta su Twitter è: non ti piace quello che scrivo, allora non mi seguire. La relazione asimmetrica lascia liberi tutti di seguire chi ci pare e di essere seguiti da chi lo desidera. E questa caratteristica è di certo una gran cosa e un punto in più rispetto a Facebook che costringe a collegarti, se te lo chiede, anche con chi pubblica cose che a te non interessano. In fondo, l’amicizia è un sentimento biunivoco per definizione e la metafora FB in questo rispetta l’originale. La prima è una relazione a responsabilità molto limitata, l’altra ci impegna di più.

Detto questo e apprezzatolo, il “rinculo” di questa caratteristica dello strumento è che “defollowami pure” è la risposta in molti casi standard a chi solleva una qualche obiezione a un tweet di qualcun’altro. Qualcuno mi dice che Twitter non è un’email o un telefono e che il mio carteggio privato potrei scriverlo in qualche altro modo meno pubblico? Defollowami pure, su Twitter liberi tutti di scrivere e dire quello che ci pare. Il tono che usa quell’altro nei suoi tweet mi sembra un po’ spocchioso? Defollowami pure, chi saresti te? E via dicendo.

Se mi segui e io no, non hai voce in capitolo. “Guardare ma non toccare” sembra essere ciò che Twitter inculca in ognuno di noi. Come a dire, sono responsabile di quel che dico ma ciò non implica una particolare responsabilità nei confronti di chi mi segue. C’è un “contratto” ma è sottoscritto solo dal follower. Il giudizio ci può essere – ci mancherebbe – ma deve essere silenzioso (o d’approvazione), mai critico, pena il “defollowami pure”. Una valutazione ci sta ma può essere solo acceso/spento, insomma passare dall’on del “follow” all’off del “defollow”.

Quella che manca mi sembra sia una qualche dose di responsabilità verso i follower ed trovo che questo sia sbagliato. Al netto delle esasperazioni e dei rompipalle, ci vorrebbe una presa di coscienza del fatto che la relazione è formalmente asimmettrica ma sostanzialmente biunivoca. Ci vorrebbe Voltaire o chi per lui che scrivesse oggi: “io non ti seguo ma ti tengo in considerazione come se ti seguissi”.

PS l’hashtag #tidefollowo uscito il 10 marzo.